LA CAPPELLA SISTINA
NOTA: Lo
schema è dato come una vista dall’alto, in trasparenza attraverso la volta; la
migliore comprensione si ha immaginandosi ai piedi del Giudizio (IV) guardando
verso l’ingresso (III).
La
Cappella Sistina si trova in un edificio situato all'angolo sud-ovest del nucleo
medievale dei Palazzo Pontificio e prende nome da Sisto IV della Rovere, per
volere dei quale fu costruita tra il 1477 e il 1480. Attualmente vi si entra
per una porticina secondaria aperta nella parete retrostante l'altare, a cui si
giunge scendendo dalle Stanze di Raffaello o salendo dai locali della
Collezione d'Arte Religiosa Moderna. L'ingresso ufficiale dà invece sulla Sala
Regia, l'aula "magna" dove il Papa riceveva in pubblico concistoro
gli ambasciatori dei re e dell'imperatore. La cappella sorge sul luogo di un
sacello probabilmente duecentesco, forse dei tempo di Niccolò III, di cui non
restano che pochi accenni nei documenti.
L'edificio
sistino fu costruito da Giovannino de' Dolci, secondo Vasari su progetto dei
fiorentino Baccio Pontelli, coi duplice scopo di collocarvi la nuova cappella
palatina e di provvedere alla difesa dei Palazzo Pontificio, come denota
l'aspetto severo e massiccio dell'esterno e la merlatura della parte alta (è
visibile sia dalla Sala Sobieski e dal passaggio coperto che la collega alla
Stanza dell'incendio, che, al piano inferiore, dalla Sala degli Indirizzi della
Biblioteca). L'edificio comprende un sotterraneo, un ammezzato e la cappella,
sopra alla quale si estende uno spazioso soffittone con all'esterno il ballatoio
per gli uomini di guardia. Nell'ammezzato (oggi vi sono le opere della
Collezione d'Arte Religiosa Moderna) avevano sede gli uffici dei "Magistri
Caeremoniarum" (i responsabili delle cerimonie, che avevano anche compiti
che oggi chiameremmo di segreteria), tra i quali possiamo ricordare Giovanni
Burcardo, che visse al tempo di papa Borgia, Paris de Grassis, coevo di Giulio
Il e Leone X, e Biagio da Cesena, del tempo di Paolo Ili. Nella cappella oltre
ad alcune funzioni pontificie viene ancor oggi tenuto il conclave che in
origine si concludeva nell'antistante Cappella dei Santissimo Sacramento,
affrescata dal Beato Angelico e distrutta sotto Paolo 111 per ampliare la Scala
dei Maresciallo. La Sistina ha un impianto semplicissimo. L'aula rettangolare
non absidata misura 40,23 m in lunghezza e 13,41 m in larghezza, ed è alta
20,70 m. La copertura è costituita da una volta a botte ribassata con voltine
laterali di scarico in corrispondenza delle 12 finestre centinate che danno
luce all'ambiente. Il pavimento è a tarsie marmoree policrome. Una transenna
marmorea con inferriate, libera rielaborazione dei motivo dell'iconostasi
bizantina, separa la zona dei presbiterio, riservata al clero officiante, da
quella destinata ai fedeli. Fu arretrata sotto Gregorio XIII per ampliare il
presbiterio, e in origine si innestava alla cantoria: entrambe sono adorne di
delicatissimi rilievi, opera di Mino da Fiesole coadiuvato forse da Andrea
Bregno e Giovanni Dalmata.
La
decorazione delle pareti con storie di Mosè e di Cristo, e con ritratti di
papi, fu eseguita da un'équipe di pittori costituita inizialmente dal Perugino,
da Sandro Botticelli, Domenico Ghirlandaio e Cosimo Rosselli, coadiuvati dalle
rispettive botteghe di cui facevano parte tra gli altri il Pinturicchio, Piero
di Cosimo e Bartolomeo della Gatta: a costoro si aggiunse alla fine Luca
Signorelli che eseguì gli ultimi due affreschi della serie mosaica. Sulla volta
Pier Matteo d'Amelia dipinse un semplice cielo stellato. I lavori iniziarono
nel 1481 ed ebbero termine nel 1483: il 15 agosto di quell'anno Sisto IV
consacrava la nuova cappella dedicandola all'Assunta. A coordinare il lavoro
degli artisti fu probabilmente il Perugino che era giunto per primo e aveva
eseguito la perduta paia con l'Assunta e i primi due riquadri dei ciclo mosaico
e di quello cristologico, distrutti poi da Michelangelo per dipingere il
Giudizio universale: dei Perugino è inoltre la sola firma ritrovata.
I
tre papi che successero a Sisto IV lasciarono la cappella come l'avevano
trovata. Giulio Il della Rovere, nipote di Sisto IV, decise invece di
modificare la decorazione della volta e nel 1508, riprendendo un progetto
maturato verso il 1506, ne affidò l'incarico a Michelangelo Buonarroti che
tentò invano di sottrarsi al volere di Giulio II. Secondo la tradizione,
all'origine della vicenda sarebbe un suggerimento di Donato Bramante, dettato
da invidia per il rivale. Michelangelo iniziò i lavori il 10 maggio 1508,
utilizzando inizialmente alcuni collaboratori come Jacopo d'Indaco e Francesco
Granacci, che licenziò una volta acquistata la pratica necessaria per il lavoro
"a fresco", mai da lui praticato in precedenza. Nel settembre dei
1510 era finita metà della volta (dall'ingresso fino al Peccato). Il 14 agosto
1511 il Papa impaziente costrinse l'artista a togliere i ponteggi per poter
vedere il lavoro fatto fino allora, e Raffaello vedutolo mutò maniera.
Nell'ottobre 1512 la volta era compiuta e a Ognissanti (lo novembre), Giulio Il
la inaugurò con una messa solenne. Verso la fine del 1533 Clemente VIl de'
Medici incaricò Michelangelo di modificare ulteriormente la decorazione della
Sistina, dipingendo sulla parete d'altare il Giudizio universale e su quella
opposta la Caduta degli angeli ribelli, rimasta poi allo stato di progetto. La
collocazione insolita del Giudizio, che comunemente, per motivi liturgici,
viene raffigurato sulla parete d'ingresso, è dovuta al desiderio dei Pontefice
che in tal modo volle forse lasciare una memoria ammonitrice dei Sacco di Roma
dei 1527, che molti avevano considerato come un castigo di Dio per la
corruzione dei tempi. Ancora una volta, benché riluttante, il Buonarroti fini
per accettare l'incarico ma non vi pose mano che nel 1535, costretto da Paolo
III, subentrato nel frattempo a Clemente VII. Inizialmente furono distrutte le
pitture quattrocentesche della parete, che venne rivestita con una fodera di
mattoni leggermente in pendenza: su questa superficie, Michelangelo iniziò a
dipingere, completamente da solo, nell'estate dei 1536, portando a compimento
l'opera immensa (200 mq di superficie con 391 figure) nell'autunno dei 1541. Il
31 ottobre di quell'anno Paolo III, che aveva seguito con impazienza i
progressi dell'artista, celebrava i vespri solenni davanti a quella
straordinaria pittura che, come testimonia Giorgio Vasari, "riempì di
stupore e meraviglia" tutta Roma.
LE
PARETI LATERALI E D'INGRESSO
Le
storie di Cristo e Mosè, che coprono le pareti della cappella, sono
strettamente collegate tra loro, con un rapporto che è evidenziato dai
"tituli" (scritte esplicative in latino) soprastanti ciascun
affresco. I tituli si riferiscono talvolta all'episodio principale, talaltra a
uno di quelli secondari, il cui corrispettivo compare sulla parte antistante,
illustrato da un titulo analogo: una lettura corretta del ciclo presuppone
quindi la visione congiunta delle storie di Mosè e di Cristo. Il programma
iconografico, estremamente complesso, fu certamente stabilito da Sisto IV o da
un teologo della sua corte, con una precisa intenzione politica: gli episodi
rappresentati tendono infatti a sottolineare il carattere di condottiero,
legislatore e sacerdote della figura di Cristo e dei suo "precursore"
Mosè, e nella Consegna delle Chiavi. Gesù, col suo gesto simbolico, trasmette
queste caratteristiche a Pietro, fondatore dei papato; l'episodio sullo sfondo,
coi Pagamento dei tributo, allude all'indipendenza dei potere spirituale da
quello temporale, indipendenza riconosciuta anche dall'imperatore Costantino
(di cui compare due volte l'arco trionfale) con la sua leggendaria donazione a
papa Silvestro. L'affresco con la Punizione di Core allude invece al castigo
divino che attende coloro che, anche all'interno della Chiesa, vogliono mettere
in dubbio l'autorità dei Papato. Significati analoghi ha la galleria con i
ritratti dei primi trenta pontefici (ne rimangono 26 dopo la distruzione dei
quattro della parete d'altare) che documentano le origini storiche dei potere
dei Papato. La lettura dei ciclo inizia oggi dai due riquadri a lato della
parete d'altare:
[1]
Parete sud: il Viaggio di Mosè. Sullo sfondo il Commiato di Mosè dal suocero
prima dei ritorno in Egitto. In primo piano, a sinistra, l'incontro con
l'angelo inviato a punire il Profeta per non aver circonciso il figlio; a
destra (a Circoncisione: il titulo si riferisce a questo episodio. L'affresco è
dei Perugino. - I due papi al lato della finestra sono, a destra Clemente 1 dei
Ghirlandaio e a sinistra Evaristo dei Botticelli.
[2]
Parete nord: il Battesimo di Cristo. L'episodio è rappresentato al centro, e il
titulo si riferisce a esso. Sullo sfondo, a sinistra una Predica dei Redentore,
a destra una dei Battista. L'affresco è dei Perugino e la sua firma si trova
sulla cornice marmorea sopra il tondo coi Padreterno. I papi sono, a sinistra
Anacleto dei Ghirlandaio, a destra Alessandro I di Fra' Diamante.
[3]
Parete sud: Fatti della vita di Mosè. Da destra a sinistra: Mosè uccide
l'egiziano che aveva maltrattato un israelita, fugge dall'Egitto, difende dai
pastori le figlie di Jethro e le aiuta ad abbeverare il gregge, si scalza e si
prosterna davanti al roveto ardente (il titulo si riferisce a questo episodio),
riparte dall'Egitto alla guida degli ebrei. L'affresco è del Botticelli. I papi
sono Sisto I d'ignoto, Igino del
Ghirlandaio.
[4]
Parete nord: le Tentazioni di Cristo. Sono raffigurate sullo sfondo e a esse si
riferisce il titulo; in primo piano la Purificazione dei lebbroso. Fra gli
astanti numerosi ritratti: all'estrema destra, coi bastone di comando, Girolamo
Riario, condottiero dei Papa. L'affresco è del Botticelli. I papi sono
Telesforo di Fra' Diamante, Pio I del Botticelli.
[5]
Parete sud: il Passaggio del Mar Rosso. A sinistra il popolo si raccoglie
festante intorno a Mosè (il titulo si riferisce a questo episodio), a destra
gli egiziani travolti dalle acque, sullo sfondo Mosè e Aronne davanti al
Faraone. Molti i ritratti: il vecchio con la teca in mano, a destra di Mosè, è
il cardinale Bessarione; il giovane vestito di nero, a sinistra, Piero di
Cosimo; il guerriero girato quasi di spalle Roberto Malatesta. L'affresco è di
Cosimo Rosselli. I papi sono Aniceto e Eleuterio, di Fra' Diamante.
[6]
Parete nord: la Vocazione dei primi apostoli. In primo piano inginocchiati
davanti a Cristo, Pietro e Andrea (il titulo si riferisce a questo episodio);
sullo sfondo, la foro vocazione, e quella di Giovanni e Giacomo. Fra i
ritratti, il vecchio in primo piano è l'Argiropulo, e alla sua destra Giovanni
Tornabuoni, tesoriere dei Papa, con il figliolettO Lorenzo. L'affresco è dei
Ghirlandaio. I papi sono Sotero e Vittore, dei Ghirlandaio.
[7]
Parete sud: la Consegna delle tavole della Legge. Al centro, in alto la
Consegna, più in basso VAdorazione dei viteiio d'oro, e in primo piano Mosè che
rompe le tavole della Legge. A destra, sullo sfondo, la Punizione degli idolatri,
a sinistra il Ritorno di Mosè con ie tavoie della Legge (il titulo si riferisce
a questo episodio). L'affresco è di Cosimo Rosselli. I papi sono Zeffirino e
Urbano 1, di Fra' Diamante.
[8]
Parete nord: il Sermone della montagna. ~ al centro e a esso si riferisce il
titulo; a destra la Guarigione dei lebbroso. Tra i ritratti, i due in piedi, in
primo piano a sinistra, sono Jaime (vestito da orientale) e Fernando de
Almeida; più a sinistra, sempre in piedi, la regina di Cipro e dietro di lei,
vestito di nero, Cosimo Rosselli, l'autore dell'affresco. I papi sono Callisto
/dei Rosselli, Ponziano d'ignoto.
[9]
Parete sud: la Punizione di Core, Datan e Abiron. Oltre a questo episodio, a
destra è raffigurato il Tentativo di lapidare Mosè, cui si riferisce il titulo.
Sullo sfondo, al centro VArco di Costantino, a destra il Settizonio. Fra i
ritratti, a sinistra, dietro la figura barbata di Mosè, Alessandro Famese e
Pomponio Leto. Ail'estrema destra, dietro Mosè, vestito di nero è Botticeffi,
l'autore dei riquadro. 1 papi sono Antero di Fra' Diamante, e Comelio dei
Botticelli.
[10]
Parete nord: la Consegna delle Chiavi. 12 in primo piano; più indietro a
sinistra il Pagamento dei tributo, a destra la Tentata lapidazione di Cristo,
cui si riferisce il titulo. Sullo sfondo, ripetuto due volte, l'Arco di
Costantino. Tra i ritratti, il secondo personaggio da destra è Giovannino de'
Dolci, il terzo Baccio Pontelli, il quarto il Pinturicchio, il quinto, vestito
di nero, il Perugino, l'autore dell'affresco. All'estrema sinistra Alfonso di
Calabria. I papi sono Fabiano d'ignoto, e Lucio 1 dei Botticelli.
[11]
Parete sud: il Testamento di Mosè. Rappresentato in primo piano a destra (a
esso si riferisce il titulo), mentre a sinistra Mosè consegna la verga dei
comando a Giosuè. Sullo sfondo, da destra a sinistra, l'angelo mostra a Mosè la
terra promessa, il Profeta scende dal Monte Horeb, e la Morte di Mosè. Tra i
ritratti, il terzo in secondo piano da sinistra è Luca Signorelli, l'autore dei
riquadro. I papi sono Stefano 1 del Botticelli, e Dionisio del Rosselli.
[12]
Parete nord: l'Ultima cena. ~ in primo piano e a essa si riferisce il titulo;
nelle finestre, l'Orazione nell'orto, la Cattura di Gesù, la Crocefissione.
L'affresco è dei Rosselli. 1 papi sono Sisto Il del Botticelli, e Felice 1 dei
Ghirlandaio.
[13]
Parete d'ingresso, lato sud: la Disputa per la salma di Mosè. Sostituisce il
capolavoro dei Signorelli ed è di Matteo da Lecce (1571-72). 1 papi sono
Eutichiano dei Ghirlandaio, e Marcello 1 d'ignoto.
[14]
Parete d'ingresso, lato nord: la Resurrezione. Sostituisce il capolavoro del
Ghirlandaio ed è di Arrigo Paludano (van den Broeck, 1571-'72). I papi sono
Marcellino del Botticelli, e Caio del Ghirlandaio.
LA
VOLTA
Dopo
un primo progetto, subito abbandonato, con i dodici apostoli nei pennacchi e
una serie di partimenti architettonici sulla volta, Michelangelo decise di
raffigurare la storia dell'umanità prima della venuta di Cristo, collegandosi
in tal modo alle storie delle pareti. Le singole figurazioni sono inquadrate da
una monumentale struttura architettonica dipinta che si sovrappone alla volta
reale senza intenzioni illusionistiche.
Nei
nove riquadri sono raffigurate storie della Genesi, dalla Creazione alla Caduta
dell'uomo, al Diluvio, al successivo rinascere dell'umanità con la famiglia di
Noè. Nei triangoli che intervallano le vele compaiono cinque sibille e sette
profeti, nunzi della futura Grazia al mondo pagano e a Israele. Nei quattro
pennacchi angolari sono le Salvazioni miracolose di Israele, prefigurazioni
dell'opera redentrice di Cristo e anello di congiunzione con il ciclo
quattrocentesco delle pareti. Nelle vele e nelle lunette sottostanti (le
scritte delle targhe identificano probabilmente i personaggi di entrambe), con
un gusto cromatico straordinariamente intenso, sono raffigurati i personaggi di
una sorta di albero genealogico di Jesse (Antenati di Cristo): le famiglie di
Israele, il popolo eletto, in attesa dei Messia. Compito ornamentale e al tempo
stesso simbolico svolgono gli Ignudi, posti a lato degli scomparti con le
storie della Genesi: variamente interpretati come geni dell'età dell'oro di
Giulio Il, personificazioni di varia natura, espressione delle idee neoplatoniche
dei Buonarroti, ecc., essi hanno comunque funzioni analoghe a quelle dei putti
reggitarga (tra le lunette) e dei nudi bronzei (sopra le vele). Ogni coppia di
Ignudi regge dei tondi monocromi con storie della Genesi, del Il° Libro di Samuele
e del Il° Libro dei Re del Vecchio Testamento.
Nell'eseguire
la decorazione il Buonarroti procedette, contrariamente alla consuetudine,
dalla parete d'ingresso verso i'altare: e ciò probabilmente perché le storie di
questa zona, più affollata di personaggi, presentavano meno problemi dal punto
di vista tecnico e compositivo per un artista, come lui, alle prese con una
tecnica ancora nuova.
Volgendo
le spalle alla parete opposta al Giudizio universale, nel pennacchio di destra [15] Giuditta
e Oloferne: Giuditta è raffigurata nell'atto di coprire la testa dell'ucciso,
presunto autoritratto di Michelangelo, mentre a destra è il corpo decapitato.
Nel pennacchio di sinistra [16] David e Golia nel momento dell'uccisione dei
gigante filisteo. - Al centro [17], nel triangolo tra i due pennacchi, il
profeta Zaccaria sfoglia sovrappensiero un libro.
Quadro
centrale [18]:
l'Ebbrezza di Noè che dorme deriso da Cam, in primo piano di spalle, mentre
Jafet copre il padre e Sem rimprovera il fratello; a sinistra Noè pianta la
vite. - La sibilla, a destra [19], è la Delfica, assorta in un'improvvisa divinazione
mentre sta leggendo; il profeta, a sinistra [20], è Gioele, presunto ritratto di
Donato Bramante, intento a decifrare una pergamena.
Quadro
centrale [21]:
il Diluvio universale. Fu la prima storia affrescata da Michelangelo, che la
dipinse tra il dicembre dei 1508 e il gennaio dei 1509; un'esplosione a Castel
Sant'Angelo nel 1797 ne fece crollare una porzione triangolare sulla destra.
Sullo sfondo, al centro, l'arca rappresentata come una casa; davanti ad essa
una barca affonda per soverchio peso; a destra, su un isolotto, sotto una
tenda, la moltitudine degli egoisti che impedisce ad altri l'accesso alla
terraferma, con a sinistra, per contrasto, il vecchio che "abbracciato un
mezzo morto cerca più che può di camparlo"; a sinistra, in primo piano, la
moltitudine dei generosi, tra i quali spiccano una serie di gruppi famosi: gli
amanti abbracciati per morire insieme, la madre con i figlioletti terrorizzati,
l'ignudo dall'occhio "grifagno" che porta la moglie sulle spalle.
Quadro
centrale [22]:
il Sacrificio di Noè dopo il diluvio. Cronologicamente avrebbe dovuto seguire
il Diluvio: fu raffigurato qui per le sue minori proporzioni. - Il profeta [23] è
Isaia, distolto dal richiamo divino; la Sibilla [24] è l’Eritrea, alla quale un putto accende la lucerna.
Quadro
centrale [25]:
il Peccato originale. A sinistra Adamo ed Eva, il più bel nudo dipinto da
Michelangelo, tentati dal demonio in veste di serpente antropomorfo; a destra
la Cacciata dall'Eden. Il dipinto segna l'inizio della maturazione stilistica
di Michelangelo che, specie nella Tentazione, si avvia verso forme nettamente
più monumentali.
Quadro
centrale [26]:
la Creazione di Eva. Accanto ad Adamo "prigione del sonno" l'albero
mozzo, simbolicamente allusivo alla Croce. - La sibilla [27] è la Cumana, dal viso disseccato, intenta a
cercare nel libro un brano; il profeta [28] è
Ezechiele, sconvolto dall'ispirazione, coi turbante siriaco e il rotolo delle
profezie.
Quadro
centrale [29]:
la Creazione di Adamo: iconograficamente nuovissima perché rappresentata nel
momento della trasfusione dello spirito vitale attraverso il gesto dei
Creatore.
Quadro
centrale [30]:
la Separazione delle acque dalla terra. - L'Ignudo alla base dei riquadro, a
sinistra, è derivato dal Torso dei Belvedere. - Il profeta [31] è Daniele, intento a trascrivere o commentare
un testo, con le chiome e le vesti agitate dal soffio dello spirito; la sibilla
[32] è la vecchia Persica, gobba e miope per la
vecchiaia.
Quadro
centrale [33]:
la Creazione degli astri. L'episodio è a destra, con la Creazione dei sole e
della luna, mentre a sinistra l'Eterno, di spalle, crea la vita vegetale sulla
terra.
Quadro
centrale [34]:
la Divisione della luce dalle tenebre. - La sibilla [35] è la Libica, che ha appena finito di leggere
e si appresta a scendere dal seggio; il profeta [36] è Geremia, tragico simbolo della malinconia
dei sapere, in cui Michelangelo ha tradotto il proprio animo e forse il proprio
volto.
Nel
pennacchio di destra (guardando verso l'altare) [37]: il Serpente di bronzo, con cui
Mosè salvò gli israeliti dalla punizione divina. Nel pennacchio di sinistra [38]: la
Punizione di Aman. A destra, Assuero sdraiato chiama Mardocheo; a sinistra il
consiglio tenuto dal re per decidere la condanna di Aman; al centro la figura crocifissa
di Aman che Michelangelo derivò dal Laocoonte. Al centro, nel triangolo tra i
due pennacchi [39],
il profeta Giona, figura monumentale, prefigurazione di Cristo e simbolo della
Fede.
IL
GIUDIZIO UNIVERSALE
Concepito
come una vera e propria architettura di figure, il Giudizio è il capolavoro
della maturità di Michelangelo, che, ormai sessantenne, lo realizzò in 450
"giornate,> circa. Per lo spettatore è come se la parete si fosse
improvvisamente spalancata e al di là dei limiti della cappella apparisse la
scena dell'ultimo giorno. Le fonti di questa composizione sono varie: dalla
Sacra Scrittura, in particolare la Visione di Ezechiele, al Dies Irae, a Dante,
ma solo per ciò che riguarda la presenza di Caronte e di Minosse, ai motivi
della polemica religiosa pretridentina. Lo schema è ancora quello tradizionale,
a registri sovrapposti, ma tutta la composizione è coinvolta in un vortice
dinamico che ha origine dal suono delle trombe e dal gesto di condanna di
Cristo.
Nelle
due lunette sono i simboli della passione portati in volo da angeli, tra cui
Gabriele. Più sotto, al centro, Cristo Giudice, un'immagine anticlassica e
antitradizionale, con i lineamenti dell'Apollo dei Belvedere e le membra
erculee; a lato la Vergine che volge il capo in atto di pietà; ai loro piedi i
santi patroni di Roma, Lorenzo con la graticola e Bartolomeo con la pelle
scuoiata (la testa è l'autoritratto dolente dell'artista). A destra, Pietro con
le chiavi, Adamo ed Eva (o Giobbe e la moglie), l'abbraccio riconciliatore di Esaù
e Giacobbe (o di una moglie e del marito dopo la separazione terrena), il
Cireneo (o Disma) con la croce sulle spalle, san Sebastiano con le frecce in
mano, santa Caterina d'Alessandria con la ruota dentata, san Biagio con i
pettini di ferro, Disma (o san Filippo) con la croce, e Simone Zelota con la
sega. A sinistra, sant'Andrea con la croce, il Battista coi mantello di pelle,
il gruppo con la personificazione della madre, Eva ignuda, e Virgilio. Nel
"registro" sottostante, al centro sono gli angeli tubicini, a destra
i dannati precipitati dai demoni, e a sinistra gli eletti che ascendono al
cielo: di particolare interesse il gruppo dei due redenti appesi al rosario,
chiara allusione antiluterana. Scendendo ancora, a terra, a sinistra sono i
risorgenti, con i corpi che si vanno ricomponendo a poco a poco, e a destra l’inferno
con due personaggi danteschi: Caronte che a differenza della Divina Commedia
spinge i dannati fuori della barca, e Minosse, al quale Michelangelo diede i
tratti di Biagio da Cesena, cerimoniere del papa, che aveva espresso forti
critiche sull’opera.
marzo 2015